CON IL BIO SI MITIGANO I CAMBIAMENTI CLIMATICI

34 anni di monitoraggio lo confermano!

PARTIAMO DAL FATTO CHE LE PRATICHE AGRICOLE CONTRIBUISCONO NOTEVOLMENTE ALLE EMISSIONI DI GAS SERRA

Le pratiche agricole contribuiscono notevolmente alle emissioni di gas serra: il 10-12% del totale dei gas serra emessi annualmente sulla Terra (Smith et al., 2007; IPCC, 2007) sono da imputare all’agricoltura. Le emissioni dal suolo rappresentano la quota maggiore, in particolare rappresentano circa il 58% delle emissioni sotto forma di protossido di azoto (N2O). Sono, inoltre, da imputare all’agricoltura anche il 47% delle emissioni di metano (CH4), principalmente causate dagli allevamenti (73%) e fertilizzanti organici (26%).

In sintesi, il suolo agricolo è il più importante generatore di protossido di azoto (58% del totale delle emissioni), mentre l’allevamento e la gestione del fertilizzante lo sono in buona parte per le emissioni di metano (47% del totale delle emissioni).

LA DOMANDA DA PORSI È: L’AGRICOLTURA BIOLOGICA CONTRIBUISCE MENO O PIÙ ALLE EMISSIONI?

Finora, sono ancora limitate conoscenze sull’impatto dell’agricoltura biologica sulle emissioni di protossido di azoto (N2O) e metano (CH4) derivate dal suolo; per cui la pubblicazione su Nature di uno studio condotto da diversi Autori[1] dal titolo “The impact of long-term organic farming on soil-derived greenhouse gas emissions”, riveste una grande importanza nel provare a colmare almeno in parte queste lacune.

LA RICERCA RISPONDE CHE CON L’AGRICOLTURA BIOLOGICA: -40%

Dallo studio sembra emergere che i terreni coltivati -a lungo termine- secondo modello agricolo biologico, emettono il 40% in meno di gas serra per ettaro, rispetto ai terreni coltivati convenzionalmente: l’agricoltura biologica e quella biodinamica mitigano i cambiamenti climatici.

E’ LO STUDIO PIÙ A LUNGO TERMINE FINORA FATTO

34 anni di monitoraggio/confronto tra colture da coltivazione biodinamica, biologica e convenzionale

Lo studio ha monitorato in un lungo arco di tempo, dal 1978, i suoli di terreni in cui si praticava la coltivazione biodinamica (D), biologica (O) e convenzionale (K) di seminativi come grano, patate, mais, soia o trifoglio, ottenendo  una serie di dati di flusso GHG, unica: il più lungo processo durato 34 anni che ha messo a confronto i tre sistemi agricoli “DOK” relativamente alle emissioni di gas serra. Un insieme di dati che sembra rispecchiare le proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo specifiche di ogni pratica agricola derivante dalla gestione differenziata a lungo termine dei sistemi agricoli confrontati.

Lo studio ha osservato che le emissioni complessive di N2O erano in media inferiori del 40,2% nel biologico rispetto ai sistemi di agricoltura non biologica. Inoltre, per alcune tipologie di colture è l’agricoltura biodinamica a presentare le emissioni di ossido di azoto più basse mentre il trattamento di controllo “a concimazione zero” le più alte. La produzione di mais non ha mostrato differenze nelle emissioni di protossido di azoto tra agricoltura biologica e convenzionale, confermando precedenti ricerche.

L’IMPORTANZA DEL TEMPO: GLI EFFETTI POSITIVI SI ESPRIMONO MEGLIO IN TERRENI AGRICOLI COLTIVATI BIOLOGICAMENTE A LUNGO TERMINE

La durata temporale in cui il terreno è gestito con sistemi agricoli alternativi, come bio e biodinamico, è un fattore importante poiché i flussi di protossido di azoto hanno dimostrato di diminuire dal momento della conversione all’agricoltura biologica ma che tale diminuzione risulta più pronunciata al passare degli anni.

PIÙ TEMPO I TERRENI SONO GESTITI CON UN SISTEMA AGRICOLO BIO E MAGGIORE È LA MITIGAZIONE

Al passare degli anni si rileva anche un miglioramento della qualità del suolo. Che l’agricoltura biologica mitighi i cambiamenti climatici è, anche, supportato dal fatto che importanti indicatori della fertilità del suolo come il valore del pH (acidità di un suolo), la materia organica in forma di humus e la biomassa microbica nel suolo sono correlati negativamente alle emissioni di protossido di azoto.

Dallo studio si evince che i sistemi di produzione agricola possono essere ottimizzati per quanto riguarda le loro emissioni di gas serra tenendo presente queste due grandi considerazioni:

  1. non è solo la rinuncia a grandi quantità di fertilizzanti chimici che porta a ridurre le emissioni nella produzione vegetale,
  2. ma anche l’uso mirato di diversificate rotazioni delle colture e la concimazione basata sui prodotti aziendali, come letame e liquame per mantenere importanti funzioni del suolo.

Inoltre, che vi è un aumento del potenziale di mitigazione della N2O derivante da pratiche di agricoltura biologica nel tempo.

Gli Autori sono consapevoli che tali risultati richiedono che siano trasferiti su diversi terreni, regioni e sistemi di coltivazione – in una sperimentazione a lungo termine – attraverso ulteriori studi, campionamenti e monitoraggi sulla qualità del suolo, dei flussi e dei pool di nutrienti del suolo.

[1] Skinner C., Gattinger A., Krauss M, Krause H-M, Mayer J., van der Heijden M. G. A. & Paul Mäder, 2019 – The impact of long-term organic farming on soil-derived greenhouse gas emissions – Scientific Reports volume 9, Article number: 1702 (2019)

 

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