L’acqua da mangiare

Marsiglia ha ospitato 12 al 17 marzo il sesto Forum mondiale dell’acqua, con presenza delle principali multinazionali del settore, e il Forum Alternativo parallelo partecipato dai movimenti e dalle organizzazioni sociali. I due eventi hanno offerto l’opportunità di riflettere sulle soluzioni per una migliore condivisione dell’acqua e in particolare per discutere l’utilizzo agricolo delle risorse idriche. La Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite per il 22 marzo aggiunge occasioni di riflessioni sul tema e sul binomio acqua e agricoltura.

L’accesso all’acqua dell’umanità è messo a repentaglio dal ridursi delle risorse (in qualità e quantità), dai conflitti che in misura crescente pongono minacce sulla sua disponibilità, dai processi di privatizzazione e captazione insostenibile che si vanno moltiplicando sia nel nord che nel sud del mondo, oltre che dal cambiamento climatico e l’inquinamento.

Ogni essere umano deve bere da 2 a 4 litri d’acqua ogni giorno, ma più di un miliardo di persone non ha ancora accesso ad acqua potabile o per scopi igienici; dai 2.000 ai 5.000 litri sono invece necessari per la produzione alimentare e sempre più spesso si ha sete per rispondere alla fame, anche se questa evocativa relazione può non essere biunivoca e corretta, sapendo che l’acqua irrigua può anche essere destinata alla coltivazione di mais utilizzato come agrocarburante o impiegata in grandi quantità nella zootecnia industriale: se un kg di frumento richiede 1500 litri d’acqua (da noi quasi esclusivamente offerta gratis dalle nuvole), un kg di carne bovina ne pretende 10 volte di più, magari restituendola in qualità deteriorata.

L’OCSE informa che l’agricoltura è spesso la principale fonte di inquinamento delle acque e, secondo le sue previsioni per i prossimi dieci anni, l’espansione e l’intensificazione della produzione agricola potrebbe aumentare le pressioni sui sistemi acquatici a livello regionale e in alcuni paesi. Nel caso dell’agricoltura, rilancia lo slogan ‘more crop per drop’: più derrate per unità idrica impegata.

La questione agricola è dunque al centro del dibattito idrico. Secondo il quarto rapporto delle Nazioni Unite sull’acqua nel mondo, presentato 12 marzo in occasione dell’apertura del Forum di Marsiglia, la produzione agricola già consuma circa il 70% di acqua potabile in tutto il mondo, il 60% nel bacino Mediterraneo, ed è inoltre prevista una crescita della domanda idrica del 19% entro il 2050 per soddisfare la domanda alimentare globale. Oggi l’agricoltura irrigua interessa solo il 20% delle terre fertili producendo il 40% delle derrate. La gran parte dell’agricoltura e dei sistemi pastorali si regge quindi solo sulle precipitazioni ed è esposto alla loro erraticità, come possono testimoniare i campi irrigati in questi giorni di inizio primavera per garantire la germinazione dei semi.

Il biologico può dare un suo contributo, non solo alla corretta gestione della risorsa idrica, ma anche alla sua ottimale preservazione nei suoli, ma tuttora non ‘facciamo acqua abbastanza’. L’approccio agroecologico alla fertilità, alla minima alterazione meccanica dei suoli e alla loro copertura vegetale e diversificata nel tempo e nello spazio, comunque, aiuta a impostare una buona relazione tra sostanza organica del terreno migliorando la capacità di infiltrazione e ritenzione idrica, diminuendo il fabbisogno di apporti e gestendo meglio eventuali eventi estremi quali periodi siccitosi o allagamenti.

Il lavoro sulle buone prassi agronomiche e agroecologiche può però non essere sufficiente e si deve lavorare alla divulgazione e alla formazione degli operatori sull’ottimizzazione della cattura e dell’uso e riutilizzo dell’acqua nei sistemi produttivi in biologico, così come fomentare ulteriore ricerca e sperimentazione finalizzata alla minimizzazione di usi e sprechi della risorsa.

Il doc OCSE

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