Il progetto “VINO BIO CALABRIA”: qualità sensoriale ed ambientale tramite la coltivazione e la trasformazione biologica di uve autoctone”,
di cui FIRAB è partner, interviene su una delle filiere produttive calabresi che maggiormente rappresenta l’export regionale, ma che ancora oggi non gode di tutte le tecnologie possibili, la filiera vitivinicola, con le seguenti finalità:
Utilizzare le tecniche agronomiche che siano più adeguate al rispetto della sostenibilità della Terra e dell’umanità.
E dal travaso all’imbottigliamento, lavorare per evitare di ricorrere a coadiuvanti o sostanze chimiche per ottimizzare la vinificazione … garantendo una maggiore sostenibilità ambientale, sociale ed economica e soprattutto a sostegno e salvaguardia della biodiversità.
Presentato al VinItaly, ha ricevuto ottimi riconoscimenti, come emerge da questa intervista.
- In vigneto il progetto favorisce l’uso di tecniche di gestione del terreno, della pianta, delle infestanti e di parassiti e patogeni con i mezzi ammessi in biologico, più rispettosi della tipologia produttiva locale, minimizzando l’impatto ambientale e garantendo la qualità delle uve anche di fronte al cambiamento climatico in atto;
- in cantina, inoltre, vengono implementate tecniche a basso impatto, ammesse in biologico, che esaltino la tipicità dei vini e garantiscano la loro qualità sensoriale, minimizzando gli interventi sia fisici che tramite additivi.
La terra calabra, ancora fanalino di coda nella produzione vinicola tradizionale, nonostante la sua storia enologica (era chiamata “Enotria” ossia “terra del vino”, ed i vini calabresi durante l’era dei Greci venivano offerti ai vincitori delle Olimpiadi) è in prima linea nella produzione biologica, grazie anche al territorio, al clima e alla ricchezza ampelografica – quasi trecento vitigni sinora catalogati tra gli autoctoni calabresi.
La produzione bio rappresenta per la Calabria un’ottima opportunità di sviluppo, di business e di evoluzione del comparto più indirizzata verso la sostenibilità e la qualità e i risultati del progetto “Vino BIO Calabria: Qualità sensoriale ed ambientale tramite la coltivazione e la trasformazione biologica di uve autoctone” sembrano confermarlo.
I vini bio calabresi hanno perciò tutte le carte in regola per offrire ciò che ognuno si aspetta: sono eccellenti, parlano dei luoghi di origini e delle mani di chi lo hanno trasformato; ci regalano un paesaggio tradizionale e contribuiscono allo sviluppo dell’economia locale, garantendo lavoro qualificato ed equamente retribuito; e soprattutto garantiscono una maggiore sostenibilità ambientale, sociale ed economica e soprattutto sono a sostegno e salvaguardia della biodiversità.
Non è un caso che anche quest’anno due dei tre vini premiati con i Tre Bicchieri della Calabria nella guida Vini d’Italia 2016 del Gambero Rosso arrivano dal comprensorio di Cirò e, soprattutto, che tra i premiati ci sia una delle aziende biologiche del progetto.
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Di seguito, nel dettaglio.
Il progetto “VINO BIO CALABRIA”: qualità sensoriale ed ambientale tramite la coltivazione e la trasformazione biologica di uve autoctone”, interviene su una delle filiere produttive calabresi che maggiormente rappresenta l’export regionale, ma che ancora oggi non gode di tutte le tecnologie possibili, la filiera vitivinicola.
- L’iniziativa, coordinata da AIAB Calabria (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica della Calabria), in partenariato con il Dipartimento di Agraria dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, la FIRAB (Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica) e otto realtà vitivinicole rappresentative del territorio regionale:
- Società Agricola Ceraudo Roberto s.r.l.;
- Azienda Agricola Cosimo Murace;
- Società Agricola Santa Venere Federico Scala s.r.l.s.;
- Azienda Agricola Troiano Giovanni;
- Società Agricola Vigna De Franco s.r.l.;
- Casa Ponziana Azienda Agricola di Caterina Salerno;
- Società Agricola ‘A Lanterna di Annalisa Fiorenza & C. S.a.s.;
- Azienda Agricola Cantine De Luca.
Nonostante la forte vocazione delle sue terre e del clima, la Calabria (un tempo chiamata Enotria) – in termini di produzione vinicola tradizionale – è ancora fanalino di coda rispetto a Regioni quali ad esempio il Veneto. Uno dei fattori limitanti è l’andamento produttivo a macchia di leopardo, con molte aziende convenzionali ancora legate a un modello stilisticamente superato, più attento a struttura e potenza che ad eleganza e intensità dei sapori; ma, soprattutto, un modello di vitivinicoltura non più sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.
Diversamente, è una regione che risulta in prima linea sul tema della sostenibilità, affiancando il buon successo del biologico (il 30% della superficie agricola calabrese è biologica), anche confermato dai risultati del progetto Vino bio Calabria, alla crescita delle energie rinnovabili e delle riduzioni di gas serra.
Grande è perciò l’importanza che l’agricoltura biologica può avere in questo comparto: nell’individuare – in tale metodo produttivo – gli elementi necessari al raggiungimento di un prodotto sano e salutare, pur consentendo sostenibilità economica delle aziende, una gestione più responsabile e raggiungimento degli obiettivi aziendali in termini di multifunzionalità.
La forza di questo progetto sta proprio nello sviluppare delle azioni migliorative nel processo di produzione che condurranno alla migliore valorizzazione delle produzioni vitivinicole calabresi, e di conseguenza alla commercializzazione, a livello nazionale e internazionale, dei vini biologici calabresi.
L’importanza di questo progetto è proprio nell’incentivare l’impiego di metodi innovativi nelle produzioni vitivinicole calabresi, tutte le strategie che saranno fatte in situ, in parte sui campi e in parte nelle cantine di produzione, mediante il metodo agricolo biologico, maggiormente garante della tutela dell’ambiente e delle salute dell’uomo nonché occasione di sviluppo economico per la regione Calabria, nel rispetto della biodiversità agroalimentare regionale.
La ricerca su campo ha cercato di individuare quale fosse il momento ideale per la raccolta, con lo scopo di garantire degli elevati standard qualitativi in cantina, durante la produzione dei vini.
I risultati hanno descritto in modo dettagliato ogni elemento riguardante tutti i campioni delle varietà di uve trattate nel progetto: Gaglioppo, Magliocco dolce, Magliocco canino, Greco nero, Calabrese nero, Aglianico. In particolare il Gaglioppo ha richiamato maggiormente l’attenzione, in quanto rappresenta oltre il 50% dei vitigni calabresi ed è in grado di interpretare al meglio il terroir calabrese.
In vigneto il progetto favorisce l’uso di tecniche di gestione del terreno, della pianta, delle infestanti e di parassiti e patogeni con i mezzi ammessi in biologico, più rispettosi della tipologia produttiva locale, minimizzando l’impatto ambientale e garantendo la qualità delle uve anche di fronte al cambiamento climatico in atto; in cantina, inoltre, vengono implementate tecniche a basso impatto, ammesse in biologico, che esaltino la tipicità dei vini e garantiscano la loro qualità sensoriale, minimizzando gli interventi sia fisici che tramite additivi.
L’utilizzo di queste nuove tecnologie ha contribuito alla promozione di processi innovativi, uno degli obiettivi del progetto peraltro, specialmente per le aziende più piccole che non avrebbero la possibilità di investire in nuove tecnologie.
E dal travaso all’imbottigliamento, lavorare per evitare di ricorrere a coadiuvanti o sostanze chimiche per ottimizzare la vinificazione …
Utilizzare le tecniche agronomiche che siano più adeguate al rispetto della sostenibilità della Terra e dell’umanità.
Fare due passi tra i filari dei vigneti biologici, vi assicuro, per esperienza diretta, che è una cura per lo spirito. L’erba non è più vista come un nemico: il buon vignaiolo bio cerca di fare tutto il possibile per mantenere il terreno inerbito e coperto da essenze vegetali durante tutto l’anno e sull’intera superficie.
È infatti importante tenere in considerazione che la fertilità del terreno è alla base della salubrità della vite e della qualità del vino.
Grazie a questo progetto e soprattutto ai risultati ottenuti, si può pensare di apportare al comparto vitivinicolo calabrese, una nuova “vision” per quanto riguarda la vinificazione, così da rendere ancora più competitivo il vino, il prodotto agroalimentare italiano che è più esportato nel mondo (5,1 miliardi di euro di export nel 2014) e che simboleggia il nostro Made in Italy ora anche nel biologico.
Un arricchimento per le aziende vitivinicole calabresi che gli consentirebbe di presentarsi nei mercati e in altri canali di business maggiormente adatti a veicolare la conoscenza e la commercializzazione dei vini bio, con un prodotto maggiormente appetibile ai consumatori nazionali ed internazionali.
La ricerca di mercato: l’interesse per il vino bio non si ferma ai nostri confini, anzi è crescente nei mercati internazionali
A tal fine, Firab ha realizzato un’indagine di mercato per identificare i potenziali mercati di riferimento ed analizzare i diversi target di consumatori e acquirenti in generale, sia nazionali ma soprattutto esteri, che sarebbero molto interessati al consumo di vino bio calabrese.
L’indagine si è svolta tramite la somministrazione di 300 questionari sia al segmento dei produttori bio, come aziende partecipanti al progetto e altre aziende calabresi, sia al segmento dei buyer, nazionali ed internazionali, sia a quello dei consumatori, tutti distinti per diverse nazionalità e per questo è stato proposto in diverse lingue: italiano, inglese, francese e spagnolo.
In generale possiamo dire che, dall’analisi delle centinaia di risposte ottenute in merito alla domanda di quale fosse il Paese più interessato ai vini bio, si conferma la prevalenza dei Paesi europei, quelli comunitari in primis.
In particolare, alla domanda relativa a quale fosse l’area considerata maggiormente interessata alle nostre esportazioni di vino bio, ottenuto con tecniche più sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, la prevalenza degli intervistati ha indicato l’area comunitaria, in particolare la Germania. Si registrano tassi di crescita maggiore anche per i Paesi Extra Ue ed i nostri potenziali migliori clienti sembrano risiedere negli Stati Uniti e nel mercato dell’Est asiatico.
Tra i Paesi europei, che sono però al di fuori dell’Unione europea, sembra essere molto alta la richiesta del mercato svizzero; mentre tra quelli dell’Ue, oltre alla consolidata richiesta tedesca, sembra crescere notevolmente l’interesse per il vino bio, secondo i rispondenti al questionario, da parte della Danimarca, del Lussemburgo, dei Paesi Scandinavi, del Belgio, dell’Austria e dei Paesi Bassi.
Dall’indagine di mercato sono emerse, infatti, tutta una serie di valutazioni sui criteri di scelta per l’acquisto dei vini. In particolare è emerso che il mercato sta andando verso vini più sani, meglio se bio, con meno coadiuvanti e che abbiano un forte legame con il territorio: anche l’unicità del vitigno è tra i criteri di scelta più dichiarati dagli intervistati.
Requisiti e criteri che fanno dei vini bio calabresi capaci di rispondere alle richieste del mercato: sono eccellenti, parlano di unicità, di luoghi, di sforzi, di terra, di lavoro, di esperienza, di vite vissute, di passioni, di culture, di tradizioni, di amore … Il vino si arricchisce così di significati simbolici e culturali che permettono di aprirsi a nuove forme di gratificazione … Un vino buono per l’ambiente, un vino buono per chi lo beve.
Non è un caso che una delle aziende del progetto risulti tra i premiati nella guida Vini d’Italia 2016 del Gambero Rosso!!
Conclusioni in breve
Dalla sperimentazione, sui metodi innovativi nelle produzioni vitivinicole calabresi, con l’uso di tecniche considerate sostenibili nella gestione del vigneto e nei processi di vinificazione, volte a valorizzare i vigneti autoctoni, sono emerse delle interessanti indicazioni volte a favorire un salto di qualità alla produzione vinicola bio calabrese e, di conseguenza, un posizionamento sui mercati nazionali e internazionali dei vini così prodotti.
Individuare il momento migliore della raccolta e, dal travaso all’imbottigliamento, lavorare per evitare di ricorrere a coadiuvanti o sostanze chimiche per ottimizzare la vinificazione, sono state le fasi sperimentali su cui si è mosso il progetto.
Quello che è emerso, quindi, è che, a fronte di un basso investimento di tempo e denaro, anche le piccole cantine biologiche, come quelle coinvolte nella sperimentazione, potrebbero ottenere delle produzioni qualitativamente e quantitativamente migliori se attuano dei processi produttivi migliorativi, come quelli sperimentati nel progetto.
Inoltre, grazie ai risultati ottenuti dalle analisi di laboratorio, si è potuto costruire una rete informativa delle varietà presenti nel territorio calabrese e dei processi produttivi attuati, valorizzando i vigneti autoctoni (uno dei punti cardine del progetto) e promuovendo le tecniche più sostenibili nella gestione del vigneto e nel processo di vinificazione.
La realizzazione, poi, di modelli, a fronte di matrici realizzate sui diversi interventi svolti nella sperimentazione in vigneto ed in cantina, può favorire diverse azioni migliorative del progetto in un’ottica di proseguire con le attività sperimentali.
Ad esempio, è risultato auspicabile avviare un percorso di monitoraggio, che può riguardare in un primo momento le infestanti, considerate un ostacolo alla qualità della produzione, insieme ad un adeguato piano sperimentale che permetterà il controllo del vigneto nella fase vegeto-produttiva in funzione al metodo colturale biologico. Allo stesso modo, sarebbero da favorire azioni volte al corretto inerbimento, significativo per il contrasto all’erosione superficiale, soprattutto per i vigneti ubicati nelle zone collinari, considerando il carattere argillo-marnoso di parecchi terreni che risultano molto friabili in superficie.
Quello che emerge, quindi, è che ad alimentare questo risultato è la crescente attenzione da parte dei vignaioli biologici, che nelle loro botti vinificano uve coltivate in perfetto equilibrio con la terra.
Il buon vino si fa partendo da un attento “ascolto” e da una raffinata “osservazione” di tutto il processo: dal terreno all’uva, dal travaso all’imbottigliamento, per poi tendere a soddisfare nel modo più completo possibile i bisogni di chi lo berrà.
Dall’indagine di mercato sono emerse, infatti, tutta una serie di valutazioni sui criteri di scelta per l’acquisto dei vini. In particolare è emerso che il mercato sta andando verso vini più sani, meglio se bio, con meno coadiuvanti e che abbiano un forte legame con il territorio: anche l’unicità del vitigno è tra i criteri di scelta più dichiarati dagli intervistati.
Ciò significa che, dai risultati dell’indagine, i vini bio calabresi sembrano avere tutti i requisiti per essere pronti a soddisfare i nuovi bisogni del consumatore, anche e soprattutto quello internazionale.
Ciò consentirebbe di presentarsi sui diversi mercati già pronti a produzioni vinicole di qualità e bio, come quelli emersi nei risultati dell’indagine di mercato, dagli Stati Uniti al Canada, dalla Germania alla Danimarca, per citarne solo alcuni; e favorirebbe lo sviluppo di azioni di comunicazione e di promozione dei prodotti della filiera vitivinicola calabrese, meglio rivolte ai consumatori internazionali.
E se fino a pochi anni fa rimanevano molti dubbi sulla qualità del vino biologico, dai risultati dell’indagine, tali dubbi sembrano oramai essere dissipati e ne danno conferma molti esperti enologi e consumatori che ritengono che la qualità sia nettamente aumentata e che il vino bio è equiparato ai vini convenzionali di fascia medio alta.
Lo hanno capito le aziende che hanno deciso di investire su validi enologi che hanno fatto decollare qualità e consumi della produzione bio. Dovrebbe essere chiaro anche nelle azioni di comunicazione e di informazione ai consumatori, e le Istituzioni non dovrebbero farsi sfuggire questa opportunità di premiare tutte quelle produzioni che rispondono ai bisogni sempre più emergenti di salute, benessere, gusto di consumatori italiani e mondiali.
Il limite però delle aziende vitivinicole calabresi è che, data la loro dimensione e budget limitati, singolarmente non sono in grado di far conoscere e diffondere il vino di loro produzione al di fuori del tessuto locale, a fronte di una mancanza di una rete produttiva del territorio, inserita in una rete globale del settore, che faciliti l’introduzione e la diffusione del prodotto sul mercato.
Inoltre, gli investimenti nella tecnologia e nell’introduzione delle innovazioni sono ridotti, così come sono scarse le risorse destinate al marketing e alla comunicazione, fatto che non consente di sviluppare adeguate strategie di promozione del territorio e dei suoi prodotti tipici.
Il vino bio calabrese deve fare i conti, poi, con una domanda del mercato sempre più sofisticata e differenziata, a seguito di cambiamenti nei comportamenti di consumo e modalità di commercializzazione e con consumatori sempre più informati che vogliono essere in grado di identificare i diversi prodotti proposti che meglio si adattano alle loro esigenze.
Ecco la necessità di questo progetto che, oltre a concentrarsi sul miglioramento del processo produttivo e della qualità del vino prodotto, vuole favorire l’individuazione di prospettive di sviluppo verso potenziali mercati di riferimento, nell’ottica di attuare le possibili soluzioni volte a migliorare, o addirittura creare nei mercati in cui è totalmente assente, l’immagine del vino bio calabro.
Chi produce e commercializza vino, oggi in Calabria, non può prescindere dal raggiungimento degli obiettivi sopraindicati, garantendo allo stesso tempo una produzione di qualità: un vino buono che ci parli dei luoghi di provenienza e delle mani che lo hanno curato, della storia, delle tradizioni culturali, dei valori sociali ed economici, che meglio rappresentano il terroir di produzione.
Valorizzare i vigneti autoctoni, farli conoscere attraverso delle vinificazioni di qualità, divulgarne la bontà, favorendo – ad esempio – eventi di degustazione che possano esprimere anche l’abbinamento enogastronomico con gli altri prodotti d’eccellenza calabresi, vuol dire mettere a valore sulle tavole internazionali una grande ricchezza, ma anche difendere la propria identità culturale, esigerne il rispetto e rafforzarne l’immagine di qualità nei mercati mondiali.
Grazie alla pubblicazione dei risultati ottenuti, si può quindi pensare ad apportare al comparto vitivinicolo calabrese, una nuova “vision” per quanto riguarda la vinificazione, così da rendere ancora più competitivo uno dei prodotti agroalimentari che da sempre simboleggia la Calabria e il Made in Italy nel mondo intero.
I vini bio calabresi hanno perciò tutte le carte in regola per offrire ciò che ognuno si aspetta: sono eccellenti, parlano dei luoghi di origini e delle mani di chi lo hanno trasformato; ci regalano un paesaggio tradizionale e contribuiscono allo sviluppo dell’economia locale, garantendo lavoro qualificato ed equamente retribuito; soprattutto garantiscono una maggiore sostenibilità ambientale, sociale ed economica e soprattutto sono a sostegno e salvaguardia della biodiversità.
Non è un caso che anche quest’anno due dei tre vini premiati con i Tre Bicchieri della Calabria nella guida Vini d’Italia 2016 del Gambero Rosso arrivano dal comprensorio di Cirò e, soprattutto, che tra i premiati ci sia una delle aziende biologiche del progetto.
Ciò significa che la produzione di vino bio può rappresentare l’opportunità sia in termini di business che di evoluzione del comparto, in un’ottica di sostenibilità e qualità.
Sulla presentazione al VinItaly diversi contributi