Uscita dal sistema di controllo biologico: dal focus group prime indicazioni

In questi ultimi anni abbiamo solennemente celebrato la crescita di aziende e superfici biologiche italiane come se si trattasse di un progresso inarrestabile. Tale vogliamo che sia, ma il rallentamento di tale progressione negli ultimi 3 anni richiede cautela, analisi e un rinnovato quadro di intervento.

A maggior ragione se si guarda alla ‘purchessia crescita’ disaggregando i dati e rilevando come in alcune regioni e comparti vi sia stata un’inversione di tendenza. E ancor più a ragione se questa è avvenuta nelle Regioni trainanti del biologico nazionale come Sicilia e Calabria.

Utile dunque abbandonare i proclami e comprendere le dimensioni e le motivazioni dell’uscita dal sistema di controllo biologico.

Nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale 2014-2020, il CREA PB (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria – Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia) e la FIRAB (Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica) collaborano alla realizzazione di un’indagine volta a individuare le ragioni che spingono le aziende biologiche certificate a uscire dal sistema di controllo e certificazione.

Lo studio che CREA-PB e FIRAB stanno conducendo in questi mesi prevede diverse azioni: una quantificazione del fenomeno tramite l’analisi di dettaglio dei dati ufficiali, un’analisi della letteratura scientifica per comprendere quanto e come il fenomeno sia stato osservato in altri Paesi europei, un’indagine sulle Misure di incentivazione promosse e attivate dalle Regioni italiane, un confronto con operatori e portatori di interesse, incluso tramite la promozione di un questionario.

Per le sole aziende uscite dalla certificazione compila ora con un click

Interventi integrati da un Focus Group tenutosi il 18 dicembre con esponenti del mondo agricolo e biologico della Sicilia, regione capofila del biologico italiano, così come dell’emorragia di aziende certificate.

Le informazioni raccolte tramite il Focus Group sono in sostanziale sintonia con quanto emerge dalla poca letteratura scientifica disponibile sulla questione e hanno messo in luce tre primarie criticità: gli oneri, in primis burocratici, connessi alla certificazione, l’indeterminatezza del quadro regolatorio e dell’implementazione degli interventi di sostegno, un quadro di mercato insoddisfacente per gli operatori che aderiscono al metodo, con particolare riferimento al comparto zootecnico. Meno rilevanti a spingere all’uscita delle aziende sembrano invece essere gli ostacoli tecnici all’applicazione del metodo e la supposta inadeguatezza dei mezzi tecnici. A mitigare queste criticità e quali aree primarie di intervento, i partecipanti al Focus Group hanno indicato la formazione di agricoltori e tecnici, la coerenza e la continuità delle politiche, l’azione dei biodistretti e l’aggregazione dei produttori.

Lo studio verrà raccolto in un rapporto previsto per l’inizio dell’anno prossimo e FIRAB ambisce a mantenere alta l’attenzione sul tema aprendo un confronto con gli operatori del settore: aziende biologiche e loro rappresentanza, OdC e Istituzioni deputate al disegno delle politiche e alla loro gestione.

La domanda per tutti è e sarà: come si persegue l’obiettivo europeo della crescita al 25% di superficie biologica per il 2030 se non si comprendono e contrastano le motivazioni di chi abbandono il sistema di controllo (o di chi vi entra a meri fini opportunistici)?

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