La fiammata dei prezzi del cibo incendia il Maghreb

Una trentina di Paesi nel mondo interessati da rivolte per il cibo durante la cosiddetta crisi alimentare del 2007/2008. Poi una breve calma, segnata però dalle crisi finanziarie ed economiche, anche queste di portata globale pur senza tumulti. Ora tornano a riempirsi le piazze di persone che invocano democrazia e alimenti a prezzi accessibili.

Pochi giorni fa la FAO è tornata a suonare l’allarme per una nuova accesa spirale dei prezzi dei generi alimentari che raggiunge i picchi dell’estate 2008 e ciò coincide con le grandi dimostrazioni popolari che infiammano il Maghreb e parte del mondo arabo. La mancanza di democrazia, la vetustà dei regimi, l’agenda economico-sociale dettata da istituzioni e sistemi finanziari esterni ai singoli paesi si sovrappongono alle difficoltà di sfamare adeguatamente le proprie famiglie.

Molti di questi Paesi  sono caratterizzati da un deficit della bilancia alimentare esponendoli a sempre più costose importazioni di derrate, in primis di frumento: l’Egitto ne è il primo importatore mondiale, con circa 10 milioni di tonnellate. Il Mozambico, dove nel settembre scorso si contarono 13 morti per la fiammata dei prezzi del pane, ne importa volumi decisamente inferiori che coprono però l’intero fabbisogno di una derrata che si è imposta recentemente nel costume alimentare di un Paese che non lo coltiva.

I moti per il pane chiedono democrazia politica ed economica. Andrebbero accompagnati da una riflessione sulle fondamenta dei sistemi agroalimentari, a meno che non si pensi di ricorrere alle brioches.

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